La situazione delle risorse idriche presenti nel sottosuolo non è delle più rosee.
La Giornata Mondiale dell’Acqua
In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day) tenuta dalle Nazioni Unite a partire dal 1992, l’associazione italiana Legambiente ha voluto porre l’accento su un bene nazionale che, per quanto possa sembrare nascosto, non solo ha una grandissima rilevanza, ma viene spesso sfruttato eccessivamente. Le falde freatiche sono di per sé rinnovabili, tuttavia il rischio di prosciugamento è sempre elevato, a causa della lentezza con cui, goccia dopo goccia, vanno a ricaricarsi. Inoltre, proprio questa lentezza nel loro rinnovamento, non permette di dare un ricambio veloce alle acque che potrebbero essere state contaminate, perdendo le proprie qualità.
Le falde acquifere nella nostra vita quotidiana
La principale fonte di acqua potabile italiana (similarmente alla maggior parte del resto del mondo), risulta essere costantemente sotto pressione a causa delle attività antropiche e del cambiamento climatico. Difatti una quota significativa delle acque sotterranee è soggetta ad inquinamento causato da residui organici di scarto, sostanze nutritive, metalli pesanti e sostanze chimiche, spesso ricche di tossine o comunque potenzialmente pericolose. Inoltre, assistiamo a prelievi costanti, che non solo ne riducono la portata rendendo difficile la rinnovabilità, ma ne diminuiscono la capacità di diluizione degli inquinanti e di trasporto lungo il proprio corso. Questo avviene principalmente per diversi motivi: la cattiva gestione di impianti industriali, di discariche, di siti contaminati e dei prodotti di origine agro-zootecnica, ovvero di fertilizzanti e fitosanitari. Se consideriamo inoltre le foci, nelle aree costiere il prelievo favorisce l’avanzamento delle acquee marine, aumentando la salina che rende inutilizzabile l’acqua nei tratti perduti.
Il consumo italiano d’acqua
Il dossier di Legambiente evidenzia per l’Italia soprattutto l’eccessivo sfruttamento delle falde acquifere (che come detto provoca l’intrusione della salina e la riduzione della portata generale), e l’inquinamento delle falde, a causa dei mancati controlli agli scarichi o per sversamenti illeciti di sostanze che, direttamente o indirettamente, arrivano nel sottosuolo. Numeri alla mano, in Italia vengono consumati 26 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno, di cui il 55% per uso agricolo, il 27% per uso industriale e solo il 18% per il settore terziario o per altri fattori civici. Però proprio quest’ultima fetta è quella che finisce maggiormente a rischio, comprendendo l’uso di acqua potabile. Nel 2018 sono stati prelevati circa 9,2 miliardi di metri cubi d’acqua dai rubinetti ai bicchieri sulle nostre tavole, e di questi in media l’85% deriva da falde acquifere. Acqua che, beninteso, viene certo controllata e filtrata prima di arrivare al consumo. In alcune Regioni di montagna, come la Valle d’Aosta e l’Umbria, si raggiunge addirittura la totalità del consumo di acqua prelevato dal sottosuolo.
La posizione di Legambiente
L’associazione ambientalista italiana cita come esempio principale il caso PFAS (PerFluorinated Alkylated Substances, ovvero Sostanze PerFluoroAlchiliche), che ha visto la contaminazione di numerose falde in Veneto e in Piemonte, ma rintracciate anche altrove lungo lo “Stivale”, caratterizzata da sostanze inquinanti quali pesticidi, gli additivi plastici industriali e le microplastiche, i fitofarmaci ed altri medicinali ad uso umano e veterinario nonché i prodotti cosmetici. Per eliminare questo possibile problema sanitario, Legambiente da parte sua richiede la messa al bando nella produzione e nella commercializzazione di varie sostanze inquinanti, per poter garantire non solo la purezza, la fruibilità e la sicurezza delle acque, ma anche la sua buona qualità.