Protagonista della transizione l’idrogeno, come sottolineato nel rapporto IRENA
L’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA, acronimo inglese per International Renewable Energy Agency) ha difatti stilato una relazione sulle decisioni più rilevanti prese dalle 7 maggiori nazioni del mondo. L’agenzia, nata nel 2009 e finalizzata ad incoraggiare l’adozione e l’utilizzo delle energie rinnovabili in una prospettiva di sviluppo sostenibile, valuta positivamente l’ultimo incontro, per le prospettive concrete di una totale decarbonizzazione planetaria, nonostante le divisioni.
Il ruolo del G7
Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti (che per popolazione mondiale raggiungono solo il 13% dell’umanità) rappresentano assieme il 30% della domanda globale di energia, il 15% della domanda di carbone, il 10% della domanda di petrolio e gas fossili (con le due nazioni americane che rappresentano l’8% del totale mondiale dei gas fossili), il 16% della domanda di acciaio, il 21% della produzione di ammoniaca, l’11% di produzione del metanolo, il 25% delle emissioni globali di CO2 legate all’energia e raggiunge un prodotto interno lordo medio pro capite superiore del 60% rispetto alla media mondiale. Per questo, sebbene nazioni in via di sviluppo (come quelle del BRICS, ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, ma anche Australia, Turchia, Messico, Indonesia, Corea del Sud) abbiano dei tassi di crescita imponenti, le “Grandi Sette” sono ancora il termine di paragone ideale.
L’idrogeno come fonte principale
Quali sono le intenzioni dei paesi più industrializzati? Secondo IRENA per contrastare la decarbonizzazione verrà incrementato l’uso dell’idrogeno di almeno quattro volte (fino a sette) entro la metà del secolo, con la Germania in testa. Uno strumento da dedicare alle “applicazioni difficili da abbattimento”, come nel settore dei trasporti, della navigazione, dell’aviazione, nell’illuminazione (come nei fari) e della lavorazione di sostanze chimiche e di acciaio. Punto focale è il costo, generato dalla spesa di capitale (CAPEX) e dalle ore di funzionamento della generazione rinnovabile a monte. Il costo medio ponderato del capitale (WACC) definisce il costo di produzione dell’idrogeno, senza spese di combustile. E non risente di fattori geologici come l’accesso idrico ed i terreni per l’installazione dei trasformatori per la fruizione delle energie rinnovabili.
Il primato europeo
Una soluzione caldeggiata dalla Germania, che nel contesto dell’Unione Europea mira a diventare prima esportatrice della tecnologia necessaria. Già dal 2021 infatti la metà di tutti i produttori mondiali di elettrolizzatori sono collocati in Europa, così come i fornitori di componenti. In Italia, di pari passo, nel 2020 sono stati prodotti 0.5 MtH2, di cui l’89% proveniente dal processo chimico di trasformazione dei gas fossili (reforming). La domanda è invece trainata dalle raffinerie, che coprono il 75% delle richieste, seguite al 20% dai prodotti timici. Secondo le stime il nostro Paese potrebbe soddisfare il 20% della domanda finale di energia tramite l’idrogeno entro il 2050 per i settori industriali, dei trasporti e dell’energia. Tornando a livello europeo, è importante da sottolineare come nel contesto della Cop27 in Egitto, l’Unione Europea e il governo del Cairo abbiano siglato un accordo per rafforzare la cooperazione a lungo termine sulla transizione dell’energia pulita tramite un partenariato dedicato all’idrogeno rinnovabile. La Commissione Europea ha dichiarato in merito che l’Egitto «sosterrà l’ambizione dell’Ue di raggiungere 20 milioni di tonnellate di consumo di idrogeno rinnovabile entro il 2030, come indicato nel piano REPowerEU, e contribuirà quindi a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi. Il protocollo d’intesa faciliterà anche gli investimenti nelle energie rinnovabili e stimolerà il processo di decarbonizzazione in Egitto».
Le dichiarazioni
Il direttore generale di IRENA, Francesco La Camera, ha dichiarato: «L’idrogeno deve svolgere un ruolo chiave nella transizione energetica se il mondo vuole raggiungere l’obiettivo di 1,5 °C dell’accordo di Parigi. Nonostante il grande potenziale dell’idrogeno – prosegue –, bisogna tenere presente che la sua produzione, trasporto e conversione richiedono energia, nonché investimenti significativi. L’uso indiscriminato dell’idrogeno potrebbe quindi rallentare la transizione energetica. Ciò richiede la definizione delle priorità nell’elaborazione delle politiche».