Se il modo di dire “l’unione fa la forza” ha un fondo di verità, vale sicuramente per le Comunità Energetiche Rinnovabili.
Definizione di Comunità Energetica Rinnovabile (CER)
La “CER” è stata introdotta nel dicembre 2019 tramite il Decreto Milleproroghe, divenendo realtà a seguito del decreto attuativo firmato il 15 settembre 2020 dal ministro dello Sviluppo Economico. Ha come obiettivo principale la fornitura di benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità, ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera. È composto da azionisti o membri che possono essere persone fisiche, piccole e medie imprese (PMI) purché la produzione di energia non rientri nella propria attività primaria, enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali. Si basa sulla partecipazione aperta e volontaria. Si tratta di un modello collaborativo, incentrato su un sistema di scambio locale per favorire la gestione congiunta, lo sviluppo sostenibile e ridurre la dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale. Ad esempio, un Comune potrebbe installare un impianto fotovoltaico sulla propria sede o su un edificio scolastico e condividere l’energia prodotta e immessa in rete con i membri che hanno deciso di far parte della CER, utilizzando l’energia raccolta nei giorni non lavorativi il sabato e la domenica.
Ne parliamo con Stefano Pabellini, consulente di Briane.
A che punto sono le CER?
«In Italia di fatto ad oggi non ne esistono di rilevanti o su larga scala, e faticano a diffondersi nonostante rappresentino una soluzione concreta dal punto di vista della sostenibilità sociale e ambientale: sono infatti pochissime quelle realmente attive, e in ogni caso non rappresentano un campione sufficiente per uno studio approfondito che possa generare “buone pratiche”. Anche se la sua regolamentazione deriva dal quadro legislativo comunitario, già recepito a livello nazionale, si segnala ancora la mancanza di alcuni indirizzi normativi che chiariscano definitivamente ogni aspetto legato alla loro effettiva messa in produzione. Serve quindi un maggiore dettaglio per dare un’accelerata definitiva».
Cosa sono in sostanza?
«Partiamo da un quadro generale. Ogni soggetto è una singola utenza, e ognuno di essi consuma energia attingendo dalla rete elettrica. Qualcuno più “energivoro” può invece valutare di installare un pannello fotovoltaico sul proprio tetto in modo da prodursi autonomamente l’energia, sebbene difficilmente azzererà la propria dipendenza dalla rete nazionale. Ecco, una CER è un insieme di soggetti che scelgono di dotarsi di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’autoconsumo attraverso un modello basato sulla condivisione e sullo scambio locale in modo da ridurre la dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale. Si tratta di energia “prodotta a chilometro zero”, perché i produttori mettono a disposizione degli altri membri l’energia prodotta in eccesso che non è oggetto di autoconsumo. Il modello si basa sulla valorizzazione dell’energia scambiata all’interno della stessa fascia oraria, quindi in una CER occorre individuare soggetti che sono in grado di produrre energia, detti “prosumer” e soggetti che sono in grado di consumarla, detti “consumer”. Se uno di essi è in grado di sfruttare quell’energia condivisa, questa è oggetto di un’incentivazione economica che sarà riconosciuta direttamente alla CER. L’energia messa a disposizione della CER ma non scambiata non è invece soggetta ad alcun incentivo, ecco perché è fondamentale ottenere un “bilancio energetico” sempre equilibrato: più ci sono produttori, più ci sono consumatori, più sarà facile mantenere e valorizzare quell’energia prodotta all’interno della Comunità».
«Gli incentivi economici sono invitanti: una tariffa ventennale prevista dal MISE pari a 11 centesimi kWh, da sommare ai 9 centesimi kWh messia a disposizione di ARERA come rimborso per minori costi di sistema. Naturalmente ci sono anche benefici sociali: la diminuzione dei costi energetici e delle emissioni inquinanti favorisce la coesione delle comunità locali e promuove modelli di inclusione e collaborazione sociale, con una maggiore consapevolezza nella lotta alla povertà energetica. Dal punto di vista territoriale la costituzione di una CER prevede un solo vincolo, dovuto all’appartenenze di tutte le utenze alla medesima “cabina primaria” (ovvero gli impianti elettrici che trasportano l’energia concentrandola in una determinata zona), per cui la CER potrebbe anche estendersi sul territorio di più Comuni vicini, mentre solitamente le grandi città sono asservite da cabine primarie distinte. In ultimo, la normativa nazionale stabilisce che la CER venga giuridicamente costituita come ente del Terzo Settore, perché per propria natura non rappresenta un’attività a scopo di lucro: serve quindi seguire tutte le regole previste per la costituzione di un’associazione (ad esempio la redazione di un atto costitutivo registrato) e la nomina di una figura dedicata alla gestione della comunità energetica e di tutti gli aspetti gestionali, amministrativi e fiscali che ne conseguono. Logicamente l’effettivo avvio di una CER richiederà tempo e studio, ad esempio bisognerà capire l’inquadramento fiscale degli incentivi economici che riceve».
Com’è la situazione in Lombardia?
«Diverse Regioni stanno avviando manifestazioni di interesse atte a capire quali sono o possono essere i soggetti interessati. Nel caso di Regione Lombardia, un Comune o più Comuni possono funzionare da capofila per la costituzione di una Comunità incentivandone la costituzione sul proprio territorio. In questo contesto Briane ha sviluppato una serie di progettualità finalizzate alla redazione di una relazione preliminare di fattibilità tecnica a servizio di alcuni Comuni, anche grazie alle informazioni che hanno reso disponibili alcuni potenziali membri individuati sul territorio e interessati a partecipare. Nei mesi a venire Regione prevederà anche una seconda fase più “operativa” durante la quale si prevedrà la concreta costituzione delle CER grazie anche a finanziamenti regionali. Nella fattispecie sono 12 i Comuni che sono stati seguiti (in attesa di molti altri che hanno manifestato interesse): Alzano Lombardo, Clusone, Cologno al Serio, Costa di Serina, Dossena, Lissone, San Pellegrino Terme, Torre Boldone, Trescore Balneario, Treviglio, Zogno Vilminore di Scalve. In particolare per i piccoli Comuni, in un quadro d’insieme che prevede anche i fondi messi a disposizione dal PNRR, rappresenta un’occasione straordinaria».
Per un ulteriore approfondimento possono interessarti in merito:
Briane presenta: le Comunità Energetiche Rinnovabili – https://www.briane.it/2023/02/24/briane-presenta-le-comunita-energetiche-rinnovabili/
Le Comunità Energetiche Rinnovabili; vantaggi, personalità giuridica e normative – https://www.briane.it/2021/03/29/le-comunita-energetiche-rinnovabili-vantaggi-personalita-giuridica-e-normative/
Le Comunità Energetiche Rinnovabili; costi e prospettive – https://www.briane.it/2021/03/30/le-comunita-energetiche-rinnovabili-costi-e-prospettive/
La prima Comunità Energetica apre in provincia di Cuneo; produzione e consumo di energia in loco – https://www.briane.it/2021/03/25/la-prima-comunita-energetica-apre-in-provincia-di-cuneo-produzione-e-consumo-di-energia-in-loco/