Quasi 50.000 dighe perderanno un quarto della loro capacità entro il 2050
Le fonti idriche di tutto il mondo sono a rischio. Secondo i dati raccolti dall’ONU, entro il 2050 la capacità delle grandi dighe scenderà da 6 trilioni di metri cubi a 4.655 trilioni di metri cubi. Lo studio è stato condotto dalla UN University, esaminando oltre 47.000 dighe di 150 Paesi membri. Il dato è ancora più emergenziale se si considera che il 16% delle riserve idriche è già andato perduto, rispetto alla capacità originaria dei bacini.
Secondo gli autori, entro il 2050 alcune delle nazioni più vaste e popolose subiranno i danni più ingenti. Per gli Stati Uniti si tratterebbe di una perdita del 34%, seguita dall’India che rischia il 26% delle proprie riserve, dal Brasile per il 23% e dalla Cina per il 20%. In molti casi i paesi più a rischio sono anche i costruttori delle dighe più imponenti e vaste. Tuttavia i costi socio-ambientali ed i rischi idrici-energetici che dovranno affrontare sul lungo termine rischiano di superare i benefici attuali.
Per la Repubblica Popolare di Cina il problema è particolarmente spinoso. L’edificazione delle dighe colossali sui grandi fiumi, di cui l’esempio più importante è il complesso delle Tre Gole (il più grande complesso idroelettrico del mondo), è cruciale nella strategia volta a ridurre l’uso dei combustibili fossili e per controllare le emissioni di gas serra. Ciò nonostante, questi fondamentali impianti di produzione hanno un impatto ambientale e sociale enorme. Un timore confermato dalla Reuters, secondo cui nello scorso anno sul fiume Mekong le dighe hanno interrotto il flusso di sedimenti a valle, provocando gravi danni agli agricoltori.
Questo fenomeno è dovuto agli accumuli di sedimentazione. Il limo si accumula nei bacini idrici a causa dell’interruzione dei flussi d’acqua naturali. Il problema colpisce sia gli impianti, sia le comunità che circondano il sito. Il limo infatti può ostacolare le turbine idroelettriche bloccandole, mentre la continua sedimentazione lungo il fiume mette a rischio inondazione le zone a monte delle dighe, ma anche gli habitat delle località a valle.
Vladimir Smakhtin, direttore dell’Istituto per l’acqua, l’ambiente e la salute della UN University, nonché uno degli autori dello studio, ha affermato: «la costruzione di dighe in tutto il mondo è già diminuita in modo significativo, con circa 50 all’anno in costruzione, rispetto alle 1.000 di metà del secolo scorso. La domanda che dovremmo porci ora – prosegue – è quali sono le alternative alle dighe, considerando che sono in via di graduale eliminazione». Una strategia definitiva in merito ai rapporti tra fonti rinnovabili e domanda energetica è ancora al di là di una definitiva solizione.